Vai al contenuto

Raccontare le paralimpiadi con ironia. Si può fare?

Data di pubblicazione 3 Settembre 2024
Tempo di lettura Lettura 3 minuti

Ha fatto scalpore qualche giorno fa l’ultima campagna TikTok del comitato paralimpico internazionale.

La campagna è consistita nella pubblicazione di diverse clip tratte da performance di atleti e atlete scherzando apertamente sulla involontaria comicità suscitata dalle loro prestazioni affiancate da suoni e musiche di tendenza sul social. L’obiettivo? Raccontare le paralimpiadi e i suoi atleti e atlete con ironia per mettere in discussione lo status socialmente affibbiato di eroi e paladine cercando di umanizzare le loro figure e di normalizzare la disabilità.

Ecco quindi che a Brad Snyder, atleta cieco che cerca il casco per salire in bici per una gara di para triathlon, viene sovrapposta al movimento delle sue mani la Sonata per pianoforte n. 32 in do minore di Beethoven; o ancora la canzone ‘Zitto e nuota’ del film ‘Alla ricerca di Nemo’ accompagna il nuotatore Gideon Nasilowski al traguardo.

Il risultato è stato un grande successo online, con più di 2 miliardi di visualizzazioni e più di 170 milioni di like ma non sono mancate anche diverse critiche e perplessità sulle modalità usate.

“Vengono usati gli atleti paralimpici e le loro défaillance per ottenere molti Mi piace e clic”, ha detto Sean Jackson, un calciatore inglese amputato che si è espresso apertamente contro l’account. “Molti ragazzi sono su TikTok e se vedono questo tipo di video che prendono in giro le persone disabili, potrebbe succedere che pensino che sia giusto prendere in giro le persone. C’è una linea molto sottile tra fare uno scherzo e deridere qualcuno”.

Si è espresso anche Craig Spence, direttore della comunicazione del Comitato Paralimpico Internazionale. “Molte delle reazioni indignate che riceviamo dicono, ‘Whoa, non si può fare così con la disabilità.’ Perché no? Le persone con disabilità hanno senso dell’umorismo. La maggior parte delle lamentele che abbiamo ricevuto sul nostro canale provengono da persone che non hanno disabilità. … La nostra comunità di atleti dice: Perfetto. Questo è quello che siamo. Ci siamo fatti una risata. Abbiamo un grande senso dell’umorismo e amiamo gareggiare.“

La campagna ha indubbiamente il pregio di avvicinare il pubblico alla disabilità usando l’ironia come “cavallo di Troia” per abbattere tabù culturalmente radicati nelle persone che questa condizione non l’hanno mai conosciuta.

Il rovescio della medaglia potrebbe però essere rappresentato dall’offrire una visione così complessa e stratificata a un pubblico non alfabetizzato in materia di disabilità, col rischio di confondere l’ironia con un approccio facilone e superficiale sul tema. Altre figure si sono dette confuse e scettiche su questo approccio come la modella e influencer Jenn Quinn“Da un lato, sono davvero scioccata dal fatto che le Paralimpiadi stiano attirando così l’attenzione”, ha detto. “Ma sono le attenzioni giuste? Sono solo fiumi di commenti e opinioni e persone che ridono di qualcuno e deridono il loro mestiere, la loro abilità e qualcosa per cui hanno lavorato anni? Oppure il coinvolgimento generato è davvero necessario?”

Il mondo della disabilità, dell’attivismo e l’autorappresentazione della sua comunità è in continua evoluzione e in costante cambiamento, ma viene da chiedersi se l’ironia sia davvero l’ultimo baluardo rimasto a cui appellarsi per comunicare la disabilità, specie quando prende di mira delle abilità guadagnate con dedizione e fatica piuttosto che la condizione vera e propria.

A proposito di senso dell’umorismo e ironia che fa scuola, non possiamo non citare Rigivan Ganeshamoorthy, atleta italiano vincitore dell’oro nel lancio del disco e detentore del record paralimpico, che ai microfoni Rai alla domanda “Questo mondo ti sta cominciando a piacere?” risponde seraficamente: “Massì dai, un po’ troppi disabili forse, eh?” Rullo di tamburi. Sipario.

Condividi:
Articoli correlati

Altri articoli che potrebbero interessarti