Un Festival che celebra l’amore e la musica in ogni sua forma, ma che inciampa quando si tratta di raccontare la disabilità. Il 75esimo Festival di Sanremo ha sollevato un acceso dibattito su come il tema sia stato affrontato: poche parole, e tutte sbagliate. Per chi si occupa di inclusione e diritti, i momenti dedicati alla disabilità hanno rappresentato un passo indietro, in una narrazione che oscilla ancora tra pietismo e spettacolarizzazione.
Sanremo, un incubatore di abilismo
La scelta delle parole e delle inquadrature ha generato reazioni indignate. Bianca Balti, che aveva chiarito di non voler essere presentata come “guerriera” per la sua esperienza con il tumore, è stata introdotta esattamente in quei termini. Sammy Basso è stato ricordato con espressioni paternalistiche: “una leggenda, anche se pesava una mela” e “era felice nonostante tutto”. Il Teatro Patologico, realtà teatrale con trent’anni di storia, è stato presentato con un linguaggio condiscendente, mentre le telecamere indugiavano sui volti in cui la disabilità era più evidente.
Il conduttore Carlo Conti ha parlato di persone che “soffrono di disabilità”, un’espressione ormai superata, e ha sovrapposto terapia e inclusione, due concetti distinti che non dovrebbero essere confusi. Dario D’Ambrosi ha invece parlato di “salvare” le persone con disabilità e ha dichiarato che “la vita senza di loro sarebbe una noia pazzesca”, frasi che hanno sollevato perplessità. L’uso di un linguaggio impreciso ha alimentato il dibattito sulla percezione della disabilità, dimostrando come anche parole poco accurate possano riflettere stereotipi radicati, pur senza mettere in discussione l’impatto positivo dell’iniziativa teatrale.
Il dibattito giù dal palco
Tanti errori, uno dopo l’altro, che hanno lasciato indignate molte persone e ne hanno ispirate altrettante. L’attivista Jacopo Melio ha definito l’intera narrazione del Festival un esempio di inspiration porn, in cui le persone con disabilità vengono raccontate solo come fonte d’ispirazione per chi non lo è. Valentina Tomirotti, Lisa Noja e Saverio Tommasi hanno denunciato un approccio che non promuove i diritti, ma perpetua stereotipi che vedono la disabilità come un’“eccezione”, qualcosa da ammirare o compatire, mai una normalità con cui convivere.
Le critiche non si sono limitate a quanto accaduto sul palco dell’Ariston, ma si sono estese anche al modo in cui il tema della disabilità è stato recepito dal pubblico e dai media. Giorgia Sordoni, presidente della Società Cooperativa Sociale Centro Papa Giovanni XXIII, ha evidenziato come la rappresentazione della disabilità continui a essere percepita come un’eccezione e non come parte integrante della società.
«Piuttosto che modificare le nostre politiche per l’inclusione, concedere i giusti supporti, cambiare la testa dei nostri governatori, costruire città diverse, non discriminare, cambiare i contesti, riconoscere una cittadinanza vera a tutti e tutte, ci limitiamo a momenti di spettacolo che rassicurano le nostre coscienze», ha dichiarato.
Dall’altra parte, c’è chi ha visto in questi errori un’opportunità per sensibilizzare sul tema. Marco Bollani, direttore della cooperativa sociale Come Noi e consigliere regionale di Federsolidarietà Lombardia, ha osservato che «le parole sbagliate devono essere un’occasione per educarsi e migliorare il modo in cui si affrontano questi temi». Ha aggiunto che «se da un lato un linguaggio impreciso può essere dannoso, dall’altro è necessario considerare il lavoro concreto che viene svolto per rendere la società più inclusiva».
Un cambiamento concreto oltre lo spettacolo
Le reazioni al Festival di Sanremo dimostrano come il dibattito sulla disabilità sia ancora lontano dall’essere risolto. Se da un lato c’è maggiore attenzione al linguaggio, dall’altro persistono barriere materiali e culturali che limitano la piena inclusione delle persone con disabilità.
L’accessibilità agli spazi pubblici, il diritto al lavoro, la possibilità di una vita indipendente: questi sono i temi centrali che dovrebbero guidare il cambiamento. Una società più inclusiva non si costruisce solo con scelte lessicali più attente, ma con politiche concrete e azioni mirate. Sanremo ha acceso i riflettori su una questione complessa: ora sta alla politica, alle istituzioni e alla società civile trasformare questa attenzione in un impegno reale per i diritti delle persone con disabilità.
Il Festival può essere un’occasione di sensibilizzazione, ma il vero cambiamento dipende da scelte che vanno ben oltre una settimana di spettacolo.
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