Parlare di disabilità con i bambini e le bambine è un passo fondamentale per costruire una società più inclusiva e consapevole. Iacopo Melio, consigliere regionale della Toscana ed esperto di comunicazione digitale, affronta il tema nel suo libro Ma i disabili fanno sesso?, un testo chiaro e immediato che risponde a cento domande spesso provocatorie sulla disabilità.
Eccone alcune.
Contano di più i fatti o le parole?
Le parole che utilizziamo influenzano la percezione che abbiamo del mondo. Quando cambiamo il modo di chiamare qualcosa, cambiamo anche il nostro approccio ad essa. Un linguaggio corretto e rispettoso contribuisce a creare una cultura inclusiva, mentre termini inappropriati alimentano pregiudizi e discriminazioni. Parlare di disabilità in modo neutro e rispettoso aiuta le nuove generazioni a crescere con una mentalità più aperta e inclusiva.
Cosa significa normalizzare la disabilità?
Normalizzare la disabilità significa riconoscere che tutti e tutte affrontiamo difficoltà in contesti sfavorevoli e che abbiamo abilità che possiamo valorizzare. In questo modo, si supera la visione della disabilità come qualcosa di straordinario e si comprende che l’accessibilità è un diritto fondamentale per chiunque. Questo approccio aiuta a concentrarsi sulla persona nella sua totalità, senza ridurla alla sua condizione fisica o cognitiva.
Si può ironizzare sulla disabilità?
L’ironia può essere un potente strumento di inclusione, a patto che sia rispettosa e condivisa. La regola fondamentale è “ridere con” e non “ridere di”. L’autoironia, per esempio, può abbattere imbarazzi e stereotipi, ma è essenziale che la persona con disabilità sia partecipe e consenziente. Scherzare con consapevolezza aiuta a creare un dialogo più rilassato e naturale.
Devo rivolgermi alla persona disabile o a chi la accompagna?
Quando ci si relaziona con una persona con disabilità, è fondamentale rivolgersi direttamente a lei e non a eventuali accompagnatori o accompagnatrici. Trattarla da pari significa rispettarne la dignità e l’autonomia. Se la comunicazione risulta difficile, si può cercare un supporto senza escludere la persona dal dialogo.
Posso chiedere a una persona disabile di ripetere ciò che ha detto?
Sì, è assolutamente lecito e anzi dimostra interesse e rispetto per l’interlocutore o l’interlocutrice. Se la comprensione risulta complicata, si possono trovare strategie alternative, come scrivere il messaggio su carta o smartphone. L’importante è cercare sempre una comunicazione diretta, evitando di rivolgersi automaticamente a terze persone.
Insomma, spiegare la disabilità ai più piccoli con semplicità e naturalezza è un atto di responsabilità educativa. Libri come quello di Iacopo Melio offrono spunti preziosi per affrontare il tema in modo chiaro, superando stereotipi e costruendo una società che valorizzi tutte e tutti senza distinzioni. Parlare di disabilità non deve essere un tabù, ma un’occasione per educare al rispetto e all’inclusione.
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