A Chiara,
perchè ogni giorno da quando l’ “incontrata”
mi ricorda di essere me stessa
senza mai abbassare lo sguardo
facendo del contatto la penna con cui scrivere la mia storia.
Oggi è l’ 8 marzo, Festa della Donna, e ad essere sincera, a questa ricorrenza mi ci ha fatto pensare Marco, che mi ha anche ricordato il mio intento per quest’anno di mettere al centro delle mie visioni proprio noi donne, in relazione al Mondo, all’Altro e alle implicazioni del vivere sociale attraverso le storie soprattutto cinematografiche.
Con l’incombenza di scrivere qualcosa nell’ ambito della ricorrenza sono entrata in crisi, più pensavo ad una visione da proporre, più mi si svuotava la testa di idee, poi è arrivata lei, la storia di Tonya Harding, pattinatrice di successo alle prese con delle apparenze ed una Storia che la allontanano anni luce dal poter essere un modello socio-sportivo congruente con la fenomenologia dello sport di cui è eccellente interprete. Ho scartato anche quest’opzione, scoraggiata dal rischio di ricadere nei clichè della retorica del degrado a confronto con la forza del pensiero dominante (e maschilista).
In occasioni come questa è difficile evitare di scrivere ovvietà, rischiando di passare per politicamente corretti se non addirittura manieristici. C’è solo un fondo di verità, in tutto il contenuto del senso comune nelle parole o nelle righe che si spendono per questa giornata, ovvero che progressivamente si è smesso di investire su una cultura concretamente inclusiva delle donne, per restare nella parzialità della ricorrenza, che si allarga a tutte le minoranze, se si fa riferimento al contesto sociale generale.
Ecco allora, la tolleranza silenziosa, alle affermazioni di alcuni esponenti leghisti che dichiarano il nemico della donna chi ne promuove la parità sociale, che rende lecite doppie discriminazioni che si aggiungono alla fisiologica appartenenza al genere femminile.
Poi nella memoria del cuore a fatto capolino, la speranza di un’alternativa, una storia di sovvertimento della norma con la femminilità quale risorsa del corpo fisico di una donna che nello scoprirsi danzatrice ed artista s’è ritrovata astronauta nelle possibilità.
Oggi, 8 marzo, vi racconto di come Chiara Bersani, recentemente vincitrice del premio UBU come miglior performer under 35, ha riacceso la mia volontà di scrivere un pezzo per questa ricorrenza.
Chiara, nel suo discorso alla premiazione ma soprattutto attraverso il suo intero percorso artistico, mi ha ricordato del modo in cui il corpo è la nostra prima interfaccia con il Mondo, il nostro sguardo la chiave per far scattare la serratura della nostra Storia, di cui la nostra identità, nell’unione delle apparenze e dell’universo interiore, è corpo e sintesi.
Chiara, detentrice come me, da sempre di una corporeità anomala, mi ha ricordato che per vivere profondamente e far parte della Realtà in quanto parte attiva per l’evoluzione del pensiero dominante ci vuole anzitutto il coraggio.
Il coraggio di non restare nell’ombra, il coraggio di trasformarci da bersaglio di sguardi che non scavano il profondo, a riflesso dell’ immagine che abbiamo e vogliamo dare di noi.
Chiara, m’ ha ricordato, con la sua metafora di astronauta, dell’ importanza di avere determinazione per cambiare le cose, nella quotidianità, nella voglia di mettersi in gioco e non dare ma niente per scontato.
Così come ciascuna di noi è incarnazione della propria Storia, anche la persona con cui ci relazioniamo è detentrice del nostro percorso, la reciprocità è il concime per la condivisione da cui nasce il confronto.
Confrontarsi è il primo strumento per sottrarsi all’ignoranza – nell’accezione di non conoscenza – per poter includere e fare delle differenze le risorse umane più preziose.