“Libri accessibili, letture possibili – Risorse e pratiche per coltivare il diritto alle storie”: è questo il titolo del nuovo libro della responsabile del Centro di Documentazione e Ricerca sul Libro Accessibile “Vietato non sfogliare” di Area Onlus Elena Corniglia.
Un manuale sui libri accessibili a bambini e bambine disabili
Il volume, presentato lunedì 29 gennaio, approfondisce diversi aspetti legati al tema, presentandosi come un manuale sulle modalità per scrivere libri realmente accessibili a bambini e bambine disabili: “L’idea – ha sottolineato Corniglia – ruota intorno a oggetti non fatti apposta per qualcuno, ma in grado di raggiungere pubblici ampi e di costruire occasioni di incontro e condivisione grazie al possesso di determinate caratteristiche: tutto questo consente di moltiplicare le strade e le possibilità di accesso alle storie, permettendo a tutti di godere dell’esperienza di lettura. Le possibilità sono molte ed esistono libri che lavorano sui codici, con la presenza di figure, testi in braille o comunicazione aumentativa e alternativa, sulla composizione grafica delle pagine o sul supporto, come gli audiolibri o i libri digitali interattivi”.
Verso l’inclusività
Secondo l’autrice, inoltre, l’accessibilità non è l’unica condizione per rendere un libro davvero inclusivo: “L’accessibilità – ha proseguito – è necessaria per garantire la condivisione, ma non è sufficiente se consideriamo la lettura come un’esperienza ricca, appagante e in grado di stimolare l’immaginazione e non solo come decodifica. Per questo, per poter essere inclusivo, un libro deve garantire pari opportunità anche in termini di partecipazione attiva e di arricchimento comunitario; in quest’ottica, la cura delle pubblicazioni ricopre un ruolo fondamentale mentre, ad esempio, illustrazioni sciatte non possono assolvere questo compito. Quando i libri sono fatti bene, l’accessibilità passa in secondo piano e la cosa che salta all’occhio è la qualità”.
La relazione
Un ultimo aspetto fondamentale è quello della relazione: “I libri – ha concluso – creano relazione quando sono in grado di abbattere le barriere che impediscono la comunicazione: quelli accessibili rendono il terreno fertile per condividere, attraverso il piacere della bellezza, modalità di vedere e riconoscere se stessi e il mondo, permettendo di ritrovarsi più simili di quanto ci si potrebbe immaginare e scoprendo esigenze comuni. Nella comunità educante, purtroppo, c’è la tendenza a pensare che i bambini e le bambine disabili si possano accontentare di autoproduzioni o di materiali già esistenti: questi progetti spesso hanno fatto la differenza colmando dei vuoti, ma da adesso in poi occorre puntare su una sensibilità nuova con l’obiettivo di lavorare in modo sinergico per offrire il meglio”.