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E’ possibile vivere in una città a su misura per tutti e tutte? Al Salone Internazionale del Libro il pensiero di Alberto Vanolo e Lunny e nella città autistica

Data di pubblicazione 11 Maggio 2024
Tempo di lettura Lettura 3 minuti

Nella società contemporanea esistono poche certezze, ma purtroppo ce n’è una granitica: viviamo in città non adatte a tutti e tutte. È possibile, al contrario, immaginare spazi urbani rispettosi delle caratteristiche fisiche, cognitive e sensoriali di ognuno e ognuna? A provare a dare una risposta ci ha pensato Alberto Vanolo, docente di geografia politca ed economica all’Università di Torino, attraverso il saggio “La città autistica”, presentato oggi al Salone Internazionale del Libro di Torino; con lui l’attivista e content creator autistica Lunny e la docente di sociologia della salute Alice Scavarda.

Una città autistica è possibile?

Uno degli aspetti maggiormente evidenti è rappresentato dalla necessità di ripensare l’ambiente in modo universale: “Questo aspetto – ha spiegato Vanolo – non riguarda necessariamente la vita delle persone autistiche, ma include accorgimenti trasversali a molte esigenze. Il titolo, volutamente provocatorio, voleva sovvertire le coordinate morali legate all’autismo: la città autistica non è né brutta né peggiorativa, ma incorpora le differenze, questo è un passo culturale in avanti che va fatto”.

L’idea del libro nasce anche dall’esperienza dell’autore, genitore di un bambino autistico: “Insieme a lui – ha proseguito – ho girato in lungo e in largo la città mettendo in pratica tentativi di esplorazione psicogeografica. Muovendoci “a caso, ma non troppo” ho avuto modo di decodificare le sensazioni della persona che avevo di fianco, in questo caso mio figlio, abbinando l’esperienza alla letteratura presente nelle scienze sociali”.

L’esperienza di Lunny

A portare la propria esperienza non solo di attivista autistica, ma anche di persona autistica che fruisce degli spazi urbani, è stata Lunny: “Le rivendicazioni autistiche – ha sottolineato – sono punk perché contrastano il controllo che subiamo da una società che appiattisce le differenze in nome del decoro e del capitalismo; le persone autistiche vengono controllate, contenute e deformate. La stessa cosa veniva fatta, come movimento di protesta, proprio dal punk”.

Lunny ha poi parlato della propria attività sui social: “Non è stata pianificata – ha aggiunto – ma il mio profilo personale è diventato uno spazio di divulgazione sull’autismo da quando ho iniziato a condividere i miei pensieri seguendo il modello del blog. In questo flusso di pensieri sono entrata in contatto con moltissime persone autistiche attivando una contaminazione reciproca”.

I risvolti sulla società

Ripensare la città in termini autistici, infine, può contribuire a cambiare la società: “È opportuno – ha commentato Scavarda – aprirsi alla neurodiversità e a chi ha caratteristiche sensoriali diverse attraverso il dialogo. Un tempo un ruolo dominante era quello occupato dalle associazioni guidate da genitori e professionisti, ma da alcuni anni sono nate associazioni di persone neurodivergenti, tra cui Neuropeculiar, in grado di diffondere paradigmi di convivenza differenti; mi auguro che in futuro possano nascere alleanze tali da permettere ad esperienze locali di espandersi anche a livello nazionale”.

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